Guardiane
Venezia 2013
Testo a cura di Camilla Boemio
‘Un meccanismo si rivela. Entrando in uno spazio d’ arte, non generico ma nei Padiglioni Nazionali della Biennale di Venezia, si osserva quanto si estenda in una rete proteiforme nella quale un sistema armonioso rende possibile il suo realizzarsi.
L’impatto delle mostre sull’opinione pubblica, e come queste ultime rendano l’arte e la società più o meno libera con svariate analisi politiche, temi comunitari ed ecologici, ed un attivismo infrastrutturale; catalizzando, a fasi alterne, un attenzione onnivora da parte dei visitatori.
Se per curatela è limitato definire solo il compito di selezionare le opere d’arte, ma anche dell’accostare le opere e i significati che si creano nei contesti; la storia del luogo dove si colloca l’esposizione, e il contesto globale della storia dell’arte.
Partendo dalla costruzione di una mostra, la dobbiamo rivestire di un quotidiano nel quale figure attente e scrupolose fanno si che il meccanismo non si interrompa.
C’è qualcosa di profondamente familiare in ‘Guardiane‘; la chiave per il loro significato viene dal nostro bagaglio culturale, dal processo di classificazione dei codici cultuali. Si tratta di una serie che ci invita ad essere auto-consapevoli di ciò che vediamo, come lo vediamo, e come le immagini scatenino e plasmino le nostre emozioni e la comprensione del mondo.
Caneve ha letteralmente rivestito l’immagine di intimità, creando la connessione che esiste tra fotografo e soggetto in un realismo vitale.
Svelandoci un mondo silenzioso fatto di gestione ed organizzazione quotidiana delle mostre.
Ragazze che accompagnano il visitatore alla scoperta delle opere esposte. Guardiane di un ‘tempio’, prodighe a non rubare la scena diventano protagoniste assolute. Si susseguono i volti che raccontano di spazi d’arte, di ritmi, rituali, ruoli, di mondi nei quali geografie di provenienza diverse esaltano la collettività.
In un meccanismo perfetto nel quale Caneve illustra come il ritratto fotografico sia, in parte, la proiezione del fotografo di se stesso sul suo soggetto.
Sguardi interposti in una somma addizionale nella quale la pluralità svela la natura della serie.
L’osservatore diventa l’osservato deformando il rapporto-ruolo. Moltiplicando gli scenari fino a fondersi e a confondersi in un quadro di rimandi e citazioni.’
Mostre: 97ma Collettiva Fondazione Bevilaqua la Masa, a cura di Stefano Coletto, Galleria di Piazza San Marco, Venezia • SiFest #23 / Landscape Stories a cura di Gianpaolo Arena, Festival Savignano Immagini, Savignano sul Rubicone